"Appartenenze letterarie" raccoglie in un disegno di senso compiuto i momenti di una ricerca protrattasi nel tempo sui rapporti speciali che alcuni scrittori italiani degli ultimi secoli, da Belli a Alvaro, da D'Annunzio a Pasolini, da Di Giacomo a Pierro, hanno intrattenuto con le proprie piccole patrie (la regione, la città, il villaggio) o con alcuni ideali sentiti come identitari (la classicità, la poesia, la critica), riconducendoli a una lingua o a uno stile. Su questo paradigma, l'autore ha declinato consapevolmente le proprie generalità, a Roma e alla poesia assegnando i posti d'onore dell'apertura e della chiusura, con il calabrese Padula e il lucano Pierro documentando esperienze fondamentali di studio e di vita, di una difesa dell'indulgenza servendosi per smascherare le ipocrisie di ogni integralismo critico e il cinismo dei relativisti.