L'autore osserva la vita con disincantata ironia, in un atteggiamento di aristocratico isolamento intellettuale dai «tanti» che o credono (e dunque non pensano) o semplicemente non pensano, dal loro «assurdo niente» o dall'«ovvio» che si consuma nelle «secche voraci della quotidianità» (27 maggio). «Per vivere ci vuole assai coraggio / ma per esistere basta l'esser nati», si legge in Fortezza Bastiani. Se dunque una simile esistenza è un «deserto sterminato e irrilevante» (Sri Lanka), «in bilico fra il niente del rumore e la fatica del silenzio» (Fall), allora non resta, appunto, che il rifiuto di essa, l'apologia dell'inesistenza. (PAOLO ZOBOLI)