«A chiunque ascolta le parole della profezia di questo rotolo, io attesto: "Se qualcuno vi aggiungerà qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali i flagelli descritti in questo rotolo. Se qualcuno toglierà qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte dall'albero della vita e dalla Città Santa che sono descritti in questo rotolo"». Termina in questo modo la Rivelazione di Gesù Messia al presbitero Giovanni, meglio conosciuta - soprattutto in ambito cattolico - come l'Apocalisse di Giovanni. Per il lettore contemporaneo, a una prima lettura, l'ultimo libro del Canone Cristiano appare molto enigmatico. Questo è da addebitare non solo alle difficoltà del testo, ma all'ignoranza della ricca tradizione "apocalittica" o "enochica" che - dal libro di Enoc, ovvero dal V secolo a.C. in avanti - ha arricchito la tradizione culturale del Giudaismo, accanto alle Sacre Scrittura di Israele (Torah, Profeti e Scritti). Scrive Gianantonio Borgonovo, traduttore e curatore dell'opera: «Durante tutta la storia dell'interpretazione ebraica e cristiana, il libro della Rivelazione è rimasto un messaggio senza tempo, spesso collegato alle vicende contemporanee di ciascun interprete. Le vicende e le persone reali, i destinatari a cui Giovanni scrisse, scomparvero nel nulla e tutti leggevano la Rivelazione come un testo che interpretava la Chiesa di sempre. Soprattutto fu dimenticato il complesso ambiente culturale della fine del I secolo d.C., il reale scenario entro cui si devono interpretare tutte le vicende evocate da questo libro. La Rivelazione è infatti una vera lettera indirizzata a persone reali che hanno vissuto vite reali e hanno lottato per rimanere fedeli al Dio di Israele in un mondo oscuro e pagano e per collocare la confessione in Gesù Messia di Israele entro quella cornice. Essa parla al loro cuore di credenti nel contesto delle loro reali persecuzioni. «Mentre il sistema concettuale e il genere letterario principale del libro è la narrazione della Rivelazione di Gesù Messia, il libro in se stesso non è più soltanto una semplice "apocalisse"; il suo messaggio è ambientato nel contesto di una lettera rivolta a diverse comunità conosciute di persona da questo profeta itinerante. Inoltre, questa lettera apocalittica contiene in sé anche parole profetiche, che - interpretando nello Spirito quanto sta succedendo in quei decenni - dischiude anche il senso di quanto sarebbe successo nel prossimo futuro. Per i nostri contemporanei, è estremamente comune pensare alla profezia come a una parola predittiva. Per la mentalità giudaica della fine del I secolo d.C., la profezia era invece principalmente la proclamazione di una verità precedentemente conosciuta, ma dimenticata o perlomeno trascurata, quasi un invito per tornare a rileggere qualcosa che si era dimenticato e un invito pressante a non dimenticare mai le cose importanti che il passato ci aveva consegnato». Al di là di tutte le possibili dialettiche interpretative, l'Apocalisse o Rivelazione di Gesù Messia è il libro più singolare del Nuovo Testamento, perché è la sintesi simbolica più intrigante dell'intera letteratura biblica, da Genesi sino alle lettere apostoliche.