L'attuale realtà del sistema penitenziario ha determinato una sostanziale burocratizzazione del ruolo degli operatori penitenziari e, in particolare, degli educatori. Il sovraffollamento delle carceri e il numero sempre più esiguo di presenze educative (e di altre specializzazioni, ad esempio lo psicologo) all'interno degli istituti hanno di fatto svuotato di senso l'idea stessa di trattamento. Appare, quindi, utile rilanciare l'ipotesi di un modello poliprofessionale che raccolga in una sola identità operativa capacità di gestione del quotidiano e visioni di prospettiva che sì muovano in direzione dell'inclusione sociale. Il volume affronta diversi percorsi: rilettura storico-critica del modello pedagogico penitenziario; analisi delle attuali funzioni e competenze dell'educatore penitenziario; ampliamento del contesto oggetto di studio (l'obiettivo è quello di pensare a un operatore/team in grado di attivare risorse esterne e capacità di azione multiagency); riflessione sul ruolo del terzo settore e sulla prospettiva di un'operatività sviluppata in chiave fund raising; valorizzazione del modello autoimprenditoriale attivato da molte cooperative di detenuti; professionalizzazione del volontariato come attore del recupero. Questi temi vengono affrontati con una chiave di lettura proiettata allo sviluppo di un modello di "pedagogia sociale" che intende superare lo stereotipo di pedagogia penitenziaria.