"'Enigmi' etimologici (perché l'italiano ha lupo, con la 'ú', e non 'lópo', come ci aspetteremmo? Cosa possono avere in comune una falda scoscesa di monte, un grosso ciocco di legno, l'essere duro, fisso, rigido e l'italiano atticciato? Perché il biacco, cioè il Coluber viridiflavus, si chiama biacco? e sarà vero che l'italiano strisciare è sprovvisto di ascendenze latine?), allotropie fonetiche inattese (perché dall'antroponimo latino tuccius abbiamo, nella Calabria meridionale, sia la località detta Tuzzu sia il torrente Tuccio?), sproporzione fra norma ed eccezioni nel vocalismo tonico di certi dialetti salentini, l'interazione - poco visibile, se vogliamo, ma indubitabile - fra napoletano in quanto varietà linguistica dell'antica capitale e i dialetti già "regnicoli, e, ancora, frustuli di varietà italiane meridionali (siamo intorno al Mille e nei due o tre secoli immediatamente successivi) "salvati", in qualche modo, nei documenti bizantini dell'Italia normanna... I romanzi gialli saranno sicuramente più leggeri; ma, forse, anche un libro di linguistica (storica) si potrà leggere come un giallo."