Nonostante la prematura scomparsa nel 2004, all'età di quarant'anni, Christophe Tarkos ha segnato il paesaggio poetico francese degli ultimi trent'anni. "Anacronismo" è l'ultimo libro da lui pubblicato in vita e rende alla perfezione la sua idea di una lingua radicalmente immanente a sé stessa: una "pasta da modellare" (pâte-mot) che rifiuta ogni compromesso con la "facilità" dei rigurgiti pulsionali, delle posture ispirate e degli slanci metafisici e abbraccia l'unica dimensione possibile per la scrittura, cioè la prospettiva letterale. Ed è proprio la letteralità della lingua a costituire la cornice di queste pagine a loro modo monodimensionali (poesia facciale, prosa appiattita): variazioni seriali, descrizioni fattuali, sperimentazioni logiche, manipolazioni plastiche e torsioni elastiche. Una lingua che, proprio grazie a questo bagno di letteralità dice e racconta di sé, ma, allo stesso tempo, transitivamente, dice e racconta anche del mondo: la lingua non è un'eccezione nel mondo e non lo sono dunque nemmeno la poesia, prodotta appunto con la lingua, e il poeta, trasformato, nelle parole dello stesso Tarkos, in un fabbricante di poesie.