L'Alchimia, in tempi relativamente recenti, ha subito una dolorosa diaspora, sconosciuta agli operatori classici almeno fino a tutto il Seicento. Una scissione in due anime parallele che sembrano inconciliabili, nonostante apparirebbe cosa acquisita che l'aspetto spirituale-speculativo (ben incarnato dalle discipline ermetiche) e la pratica di laboratorio siano tra esse complementari e funzionali ad un reciproco controllo di sana progressione nel cammino iniziatico dell'Operatore. Eppure si è voluto aprire un baratro tra i due fronti, dai quali non si lesina il lanciare anatemi e scomuniche nei confronti dell'avverso schieramento. Se mai possibile, René Schwaeblé in questa sua opera sembra ricomporre in modo esemplare la diaspora, coniugando i due aspetti proprio in un periodo storico che vedeva maggiormente radicalizzato il divario. Forse è proprio questa la dichiarazione d'intenti che l'Autore ha inteso racchiudere in quel "Semplificata", attributo che all'idea stessa di Alchimia potrebbe sembrare veramente estraneo.