Maurizio Ponzi nella sua vita ha avuto la ventura di scrivere con la carta e la pellicola, con buon successo, riuscendo quasi sempre a mischiare, come consigliava Godard, le due modalità: immaginare di fare del cinema scrivendo critiche, recuperare la critica e la riflessione teorica realizzando film. Di certo per lui il discorso con il cinema non si è mai interrotto. Da spettatore-bambino, onnivoro e instancabile, per cui tutti i film erano belli e meritavano di essere raccontati, fino a quando, giovane critico, ha cominciato a scrivere, frequentare festival, fare interviste. Un rapporto col cinema diventato, col tempo, più controllato ma dove la scelta di certi film e certi autori, denotano sempre uno spiccato gusto personale e soprattutto la voglia di andare oltre la mera funzione dell'analista o, peggio, del certificatore di qualità. Quando scrive di cinema Ponzi non si accontenta di quello che sta sullo schermo ma cerca di cogliere, quando è possibile, ciò che è detto di traverso o sottovoce e rischia quindi di passare inosservato o essere frainteso. È così quando parla delle "lentezze stilistiche" di Dreyer o delle gag "straniate" (extra genere) di Chaplin o del Godard montatore in lotta contro il Godard regista. Un modo di fare critica inusuale che merita di essere segnalato. Dal 1964 al 1970, collaborando con varie riviste, Ponzi ha scritto centinaia di testi, fra recensioni, saggi, interviste e interventi redazionali. In questo volume ne viene riproposta un'ampia selezione, in cui accanto a pezzi dedicati ai Maestri indiscussi (Chaplin, Dreyer, Rossellini, Lang, Welles, Hitchcock, ecc.) ce ne sono altri più laterali e sorprendenti (e sono quelli a cui l'autore tiene in modo particolare), dai capolavori colpevolmente misconosciuti ai film hollywoodiani frettolosamente etichettati come "commerciali". Il libro scritto da un critico molto "speciale", pronto a diventare un regista dall'itinerario artistico per molti aspetti esemplare.