Il volume di Davide Mannucci rientra in una lirica articolata. Il fluire dei versi, ogni lemma, la struttura sintattica sono riconducibili a una complessa armonia geometrica: i concetti sono spesso racchiusi in una loro sferica luminosità che però separa, chiude, rende difficile la comunicazione. Ci sono poesie monologanti, strutture dove la disperazione esistenziale produce, senza enfasi, senza onde emotive, una solitudine disperante. La poesia di Davide Mannucci forse è un volo o una caduta di brusii e sussurri sgorgati dal guardare e vivere la realtà, un atto doloroso e ribelle per spogliarla dalla sua apparenza e falsità, al fine di interrogarsi sulla musica e sulla luce vera dell'essere e dell'esistere. Guardarsi dentro e guardare fuori dalla propria normalità o precarietà somiglia alla fatica di Sisifo e riporta alla domanda essenziale che è anche nel libro di Albert Camus dedicato al suo mito: giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta.