Molti lo ricordano per la sua partecipazione al film "Il nome della rosa", dove non dice una parola ma è impossibile non notarlo. Altri come il dottor Fez ne "Il gioco di Milo Manara". Fu amato da Fellini e stimato da Bertolucci, che lo recuperò, a un certo punto della vita, da una spiaggia della Martinica dove era finito a leggere i tarocchi in seguito a una disavventura sentimentale. Ma questi, nell'intensa vita di Franco Valobra, sono solo alcuni dettagli. Classe 1924, torinese di nascita e cortonese d'adozione, a vent'anni diviene attivista del Partito d'Azione. Solo dopo la guerra si laurea in Farmacia, senza tuttavia esercitare la professione. Sente infatti molto più congeniali al suo temperamento la critica cinematografica e il giornalismo. Scrive su Camus, Fitzgerald e Vittorini, venendo in breve riconosciuto come un protagonista del giornalismo culturale italiano negli anni Sessanta. Scrivendo per una lunga serie di quotidiani e riviste, ha l'occasione di incontrare alcuni fra i maggiori personaggi della letteratura, del cinema, dello sport e delle arti, su scala mondiale, divenendone intimo amico. Intellettuale libero e controcorrente, fu l'anima intelligente e colta di Playmen, primo magazine di erotismo patinato nato in Italia cinquant'anni fa sul modello di Playboy, intervistando nomi come Sciascia, Ginsberg, Moravia, Fred Astaire, Vargas Llosa e Ionesco.