Quello che qui ci propone Sebastiano Patanè è un racconto che diventa pretesto per descrivere la vita sociale e politica di quella Pompei distrutta dall'eruzione, il tutto narrato con grande dovizia di particolari ma al tempo stesso con una grande forza poetica. Ed è proprio attraverso questa spassionata forza poetica che, pur trattandosi di un saggio archeologico di tutto rispetto su Pompei, viene abilmente giocata la carta dell'emotività: ci si affeziona ai personaggi ed al loro amore, e questo permette al lettore di sentire con maggior efficacia il dramma dell'eruzione, quasi che lo vivesse sulla propria pelle. Una narrazione, insomma, che si fa a tratti persino commovente, e che ha la capacità di rendere "umana" la Storia, a dispetto dei classici racconti storiografici che tendono invece a disumanizzarla e lasciarla lì, come un fatto estraneo e irreale da guardare solo da lontano.