Si dice che certi autori perseguano tutta la vita in maniera cosciente o irrazionale un unico, costante e quasi ossessivo disegno narrativo. È quanto si potrebbe dire di Paul Kennedy, che con questo libro di storia navale sul periodo dal 1936 al 1946 - da lui stesso più volte denominato come quello della "Grande guerra sui mari" - ha inteso proseguire il ragionamento avviato nel suo acclamato capolavoro storiografico "Ascesa e declino delle grandi potenze". Questa volta il lasso di tempo preso in considerazione è quello circoscritto della Seconda guerra mondiale, ma l'intento è ancora quello di definire il meccanismo di funzionamento delle strutture profonde - economiche, politiche, strategiche, tecnologiche... - della Storia che fluiscono al di sotto degli eventi tellurici provocati dal conflitto. Nel libro, dinanzi al lettore sfila una serie fittissima di convogli marittimi di ogni tipo, battaglie, campagne marittime, attacchi senza tregua alle navi, sbarchi anfibi e assalti dal mare. Kennedy possiede la materia nelle sue pieghe più minuziose e sa illuminarla di una luce quasi romantica: il quadro che emerge in controluce è quello di un confronto maestoso tra le più rilevanti marine da guerra del mondo di allora, la cui trasformazione durante il conflitto segna anche il cambio degli equilibri di potenza a livello mondiale. Il libro, infatti, è anche e soprattutto un'analisi dei profondi cambiamenti dei rapporti di forza nel sistema internazionale nel corso della più grande guerra combattuta per il controllo del mondo. Frutto di uno studio pluridecennale che ha sondato una messe sterminata di fonti, profondamente intriso di cultura mahaniana e influenzato dall'opera di Fernand Braudel sul Mediterraneo, Vittoria sui mari si proietta nei decenni futuri come paradigma interpretativo imprescindibile della Seconda guerra mondiale, anche in virtù della capacità di visualizzare i temi trattati attraverso gli straordinari acquerelli di Ian Marshall, autentico coautore del libro.