Questo libro racconta storie, narra fatti e descrive situazioni. Vita reale, riflessa e congegnata. Esistenza semplice, complicata e vasta. Lo fa in punta di ironia. Quella che solo i napoletani d'arte sanno adoperare, utilizzando la sobrietà di chi a Napoli nasce come per sortilegio. Per magia di bellezza e sogno. Di disincanto, ovvero di realismo ideale, prima che di evidenza naturale. Antonio Dell'Aquila, che è napoletano di lignaggio, in questo libro, la napoletanità, che è sostanza di vita e forma di narrazione, la colora di parole. Con lo stile inconfondibile di chi sa tingere i momenti, - quelli canzonati e sardonici, quelli salaci e irriverenti, e anche quelli più dolorosi e meno spassosi - l'autore pare portare sul proscenio lo spettacolo di un'eternità. Che ci appartiene per diritto di interpretazione. Parete, Anamanera, Mimino e Retella al pari della guerra, dei tedeschi, delle razzie, dei camion disumani, stanno lì a indicarci che non tutto è perduto, in questo Paese "privo di fiammiferi e di pietre focaie". Basta saper voltare pagina ogni volta che il foglio finisce.