Il mito classico tramanda che vita, destino e morte di ogni individuo siano opera ineluttabile delle tre impassibili moire: nelle loro mani scorre il filo delle esistenze di tutti gli uomini, fino al momento esiziale in cui le forbici di Atropo non lo recidono, consegnando un’anima all’aldilà.
Quando, per ragioni incomprensibili anche agli dèi, questa fatale figura scompare improvvisamente, tutto il mondo contemporaneo degli esseri umani precipita nel caos. Perché svanisce sì la morte, ma non la fragilità e la decadenza, e dunque il dolore si rovescia su ogni cosa, mentre il senso dello stesso esistere viene stravolto.
Death absence, così la società perplessa si azzarda a definire il nuovo stato, e la catastrofe a cui può condurre. Filosofia, scienza, religione ed economia tentano di adattarsi e di scorgere risposte impossibili. Ogni cosa pare crollare nell’assurdo, gli stessi valori fondamentali che legano le persone sembrano frantumarsi.
Non meno sconvolto è il mondo degli inferi, dove Caronte non può che osservare la riva deserta dell’Acheronte, e Persefone non sa più riconoscere le abituali stagioni di rinascita.
Così, mentre gli uomini vivono un improvvido eterno come un incubo orribile, gli immortali abbandonati si dovranno adoperare per ritrovare una storia perduta nei secoli, una giovane dal talento particolare vissuta ai tempi della guerra del Peloponneso.
Una distopia acuta e intrigante, che usa la forza della mitologia greca giocando col paradosso e intrecciandolo con una sensibilità calata nel presente più pieno, per regalare una visione sottile e originale.