In una provincia balneare degli anni Ottanta – inverni lunghi, estati fragorose e identità fragile – corre la leggenda di una creatura orribile, la Mazonza, mostruosità inesorabile e misteriosa, da cui si deve solo scappare. La Mazonza è un disegno grottesco lasciato dalla guerra, è una confessione fantasiosa di un bambino, è una goliardata che affiora dalla sbronza di un capodanno. Ma la sua essenza più intima ha un significato profondissimo, lacerante.
Essa ha le radici in un tempo di infanzia e di scoperta, nella curiosità di uno scolaro che rovescia la propria intensa curiosità in stranissimi temi, e che per questo un maestro speciale mette alla prova; e poi in una adolescenza sfocata, ardente, spaesata, piena di sfide; e poi in un primo amore perfetto che non può compiersi ma che segna per sempre.
La ripugnante Mazonza è ciò che divora il sentimento inafferrabile di questi attimi, trasformandoli in rigurgiti di ordinarie banalità per poi dissiparli nella vertigine del tempo che scorre senza sosta, inghiottendo la bellezza, la magia, il senso di tutto.
Un filo di ricordi viene fatto correre con maestria attraverso i decenni, restituendo a scene ormai lontane la medesima vividezza di un presente tangibile, ma in più ammantando le sensazioni di quel tono delicato che riflette il malinconico incanto di ciò che è perduto.
Un romanzo commovente e raffinato, intriso della particolare nostalgia dolciastra che sa ben toccare le corde nascoste delle emozioni.