Aurelia, Aurélia inizia su una nave. L'autrice, sedici anni, sta viaggiando verso l’Europa a un'età in cui ci si può "provare addosso persone come abiti". Ha la fiducia adamantina di un'adolescente che coltiva le sue prime ossessioni, sicura della sua maturità, sicura della vita che l'aspetta. Poi capita che la vita vada per i fatti propri, indifferente a desideri, programmi, aspirazioni. Capita che il proprio secondo marito muoia ed è l’esperienza del lutto il centro – o meglio, il motore – di questo straordinario memoir. La morte di Eric Zencey è l'occasione per l’autrice di ripartire per un viaggio, un viaggio interiore tra arte e letteratura, ricordi e serie tv, cotte giovanili e film, e ogni narrazione, ogni tassello di vissuto aiutano ad avere uno sguardo sempre più profondo sulla vita. Davis ci traghetta da un'esperienza a una considerazione, da una interpretazione a un'emozione con l'agilità che è tipica del suo linguaggio: uno svolazzo tra gli abissi, nelle terre di mezzo che l’esistenza ci offre. Questo memoir non è composto solo dai ricordi, ma dai movimenti dell'anima che si nutre di ogni esperienza attraverso la parola. È un itinerario tra le influenze artistiche che accompagnano Davis da sempre, da Virginia Woolf a Hans Christian Andersen, da Beethoven a Ingmar Bergman, il cui Il settimo sigillo ha fatto da sfondo a quel suo primo viaggio da studentessa sulla nave Aurelia, per arrivare a Gérard de Nerval con la sua opera Aurélia, chiusura ideale di questo singolare cammino dell’anima.Un viaggio che si proietta sul grande schermo della morte, come inno alla vita.