In senso assoluto, poiché l’arte rappresenta sempre l’allegato di un messaggio, l’assunto, talvolta, sprezzante : “non hanno capito perché non c’era nulla da capire…“ secondo cui si è soliti sintetizzare una valutazione, è parecchio semplicistico e neppure troppo attinente alla vera condizione del confronto, e questo l’insegna proprio la storia dell’arte “imponendoci” anche un principio di presunta legittimazione per ogni nuova opera.
Quest’approccio non deve però tramutarsi in alibi per immunizzare la malafede, ma deve solo rappresentare una concessione al viatico che l’arte si trascina nel suo diventare percorso di conoscenza.
Un certo “sentire comune” indica, come un modello oramai accertato, l’avvenuta smaterializzazione dell’arte, così come pare evidente anche il diffuso travaso dell'arte nella realtà, che si rivela quindi dislocata nei musei, nelle gallerie, ma altrettanto sui muri, nei detriti, nelle strade, nella banalità di ogni cosa, sacralizzata nella sua concreta forma di processo e di forma.
Il processo estetizzante del mondo è generalizzato quanto la stessa materializzazione burocratica del sociale. Essendo l’attuale cultura un processo che deve ri-simulare e rimodulare molte componenti, possiamo affermare che un adeguato stoccaggio estetico non apparirebbe una minaccia ma soltanto una promessa di compimento progettuale.
