Tradotto in più di
200 lingue, il successo dell’opera di Collodi non è immediato a causa del senso di pudore diffuso in Italia, assieme al pubblico del tempo che difficilmente apprezzava la sottile satira e la sagace ironia intessute dall’autore.
Pinocchio non è solo un burattino: è lo strumento che Collodi usa, personificandolo, per dare alla sua scrittura un
fine pedagogico e, allo stesso tempo, per manifestare la sua critica nei confronti della società moderna e delle sue contraddizioni.
Nonostante le vicende a volte tragiche e cupe, che potrebbero rimandare al
romanzo gotico e alle favole d’ispirazione popolare dei fratelli Grimm, il romanzo è riadattato per il grande pubblico in versioni per la televisione e il cinema, contribuendo ad aumentare la
popolarità del burattino, dei suoi compagni d’avventura e degli scenari che li ospitano – basta pensare al fatto che personaggi come il Gatto e la Volpe, come del resto anche il Paese dei Balocchi, sono ormai entrati a far parte dell’immaginario collettivo e della cultura italiana.
Collodi non è l’autore di un solo romanzo; infatti, lo scrittore pubblica una sua versione, nuova e arricchita, di alcune fiabe già pubblicate da Charles Perrault,
I racconti delle fate, dando prova delle sue capacità di traduttore e indiscusso novelliere.
