Per la plurisecolare tradizione operativa degli artisti dei laghi lombardo-ticinesi, l'età contemporanea rappresenta un fondamentale momento di ridefinizione delle strategie professionali da adottare e delle rotte territoriali da seguire. Il dato, storicamente costante, dell'emigrazione altamente qualificata, assume, fra Otto e Novecento, proporzioni globali e offre, a maestranze strutturate o a singole personalità, l'occasione di rafforzarsi nelle aree degli Imperi russo e ottomano e di penetrare, in parallelo, in nuovi contesti lavorativi d'oltreoceano: il continente Americano e il Sud-est asiatico. Anche l'Europa, con il traino delle Esposizioni Universali parigine, attira numerosissimi pittori, scultori e architetti, che si lasciano catturare dal fascino e dalle possibilità offerte dalla Ville Lumière. Lungo queste coordinate muove l'intelvese Vittorio Novi (1866-1955), discendente di una gloriosa dinastia lacuale, la cui parabola umana e artistica, sempre fortemente connessa al paese natio, si sviluppa attraverso una serie di tappe intermedie che lo vedono dapprima a Milano, presso la Fabbrica del Duomo, e poi a Zurigo. Spostatosi a Parigi, città in cui opera nelle vesti di "scultore-ombra" per conto di alcuni rinomati maestri transalpini, dopo una breve parentesi fra Lanzo d'Intelvi e Genova, parte alla volta di Bangkok, capitale del Regno del Siam. Al servizio della dinastia reale trova impiego nel cantiere, nodale, del nuovo Palazzo del Trono, che aveva richiamato professionisti provenienti da tutto il mondo. Rientrato stabilmente in patria dopo anni di successi e gratificazioni, non smette di scolpire: sue sono alcune delle più caratteristiche composizioni plastiche che impreziosiscono importanti dimore private lanzesi. Artefice di valore anche nell'ambito della committenza pubblica e della statuaria cimiteriale, lascia un ricco corpus di opere scultoree e grafiche, custodite presso la casa-studio, incontaminato scrigno della memoria di un insigne Artista dei Laghi.