«Sei Stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un solo Tito». Fino al 1980, anno della morte del leader jugoslavo, questa filastrocca descriveva la natura multietnica e multiconfessionale della Repubblica socialista federale di Jugoslavia: un Paese uscito dal secondo conflitto mondiale distrutto ma che, al netto di momenti difficili e conflitti politici interni sempre presenti, per circa quattro decenni ha rappresentato un esperimento riuscito di convivenza pacifica. Oggi della Jugoslavia socialista, scomparsa ufficialmente nel 1992, non resta quasi nulla se non un po' di jugonostalgija tra la popolazione più anziana, che porta ancora con sé il ricordo di quel periodo di pace. L'autore raccoglie e ci racconta le memorie di chi la Jugoslavia l'ha vissuta, in pace e in guerra, di chi ha sperimentato le conseguenze del conflitto, di chi vuole cambiare il suo Paese e di chi, invece, vuole solo scappare da quei luoghi, asfissiato da un futuro senza prospettive. Rievocando la vecchia filastrocca jugoslava, Un tetto e due scuole mette subito in risalto il capovolgimento semantico nella realtà attuale: non più "unità nella differenza" ma "differenziazione nell'unità". Uno stesso luogo in cui si insegnano storie differenti - ciascuno la propria - e si impara a sospettare del proprio vicino.