A Milano, verso le otto della sera, l'ora in cui gli ultimi lavoratori si aggirano solitari e i manager chiamano il taxi con le dita alzate e il telefono stretto fra collo e guancia, un giovane sta tornando a casa. Ha da poco passato i trenta, due anni li ha vissuti a Roma collaborando con un'agenzia fotografica di medio livello ma a un certo punto, come sempre accade, qualcosa si è esaurito. È tornato nella sua città, ha fondato uno studio fotografico, ed è già dominato dal terrore di far quadrare i conti. In quella sera di metà febbraio, mentre cammina, passa davanti a un bar e vede seduto a un tavolo una vecchia conoscenza, di fronte a lui tre boccali di birra, di cui due già vuoti. In passato in quel bar ha trascorso molte notti col gruppo degli amici, in un momento in cui un'energia e una vibrazione comuni sembravano spingere ognuno di loro all'azione, alla discussione, al sogno condiviso e ad occhi aperti. Adesso anche quel tempo si è consumato, ma Alessio è ancora seduto lì. Tra loro gli sguardi si incrociano, poi un cenno, una stretta di mano, un abbraccio. È più di un anno che non si vedono. Qualche parola, un giro di birre, un silenzio troppo prolungato. E all'improvviso una domanda: «Ti ricordi di Martina?». Cronaca dell'innamoramento, esplorazione del discorso amoroso, anatomia del sentimento al tempo della crisi, il nuovo romanzo di Giorgio Fontana disegna la geografia emotiva di un personaggio che trova se stesso per poi disorientarsi, smarrendosi in un movimento interminabile. Il suo, dettato dal desiderio e dal senso della fine, sarà un itinerario incessante in una città in cui sparire e nascondersi, e che di continuo si rivela, sorprende e inganna. Così come inganna quella passione, quella speranza, che per un momento ha illuminato, violenta e paradisiaca, la mente e il cuore.