IL DIO ELEGANTE. VERTUMNO E LA RELIGIONE ROMANA

Chi è il dio Vertumno? Semplicemente il mutare, I'incontenibile impulso delle cose a divenire altro da quel che erano. Nella sua giurisdizione, infatti, ricadono il cambiamento delle stagioni e la maturazione dei frutti, la pratica dell'innesto (vera e propria "trasformazione" di una specie vegetale in un'altra) e quella dello "scambiare" merci, il mutamento degli eventi e l'atto del cambiare idea. Soprattutto, però, Vertumno si distingue per una sua ineguagliabile virtu: la metamorfosi. II dio può infatti assumere ogni e qualsiasi identità sociale, bella fanciulla o cittadino togato, soldato o mietitore, pescatore o acrobata, e lo fa salvaguardando sempre una qualità che di necessità vien meno a trasformisti e incostanti: l'eleganza. Esplorare le province in cui si esercitano i poteri di Vertumno - una cui statua "metamorfica" si ergeva a Roma nel Vicus Tuscus fino dalla più remota antichità - offre a Maurizio Bettini l'opportunità di affrontare insieme alcuni temi cruciali nella definizione della divinità, non solo antica: prima di tutto la sua natura non personale, tanto che il suo nome può essere sia singolare che plurale, sia maschile che femminile; il carattere plurimo e distribuito della sua "identità", simile a una figura frattale, in cui la forma dei dettagli si riflette in quella dell'insieme; infine la natura e lo statuto delle immagini che la raffigurano.

A Roma Vertumno è identificato con un dio della trasformazione e del mutamento: il suo nome, Vertumno, viene infatti riconnesso a vertere "mutare" "trasformare" in tutte le accezioni di questa parola, dal cambio di stagioni alla trasformazione delle merci in denaro attraverso il commercio. Ma la specialità di Vertumno, dio del vertere, consiste nella capacità di assumere su di sé tutti i ruoli che la civitas è in grado di offrire – fanciulla, cittadino togato, soldato, mietitore, pescatore, fioraio … – in una specie di caleidoscopio identitario di cui il dio costituisce una sorta di pivot. E di proporre alla città una versione elegante – perfetta, irreprensibile – di ciascuno di questi ruoli. Esplorare Vertumno permette di incontrare un dio, e una dimensione antropologica, tanto affascinante quanto attuale: oggi si parla molto di identità – e cominciare a parlarne anche in termini di decoro, di eleganza, di "becoming", non guasterebbe affatto. Nello stesso tempo, però, il libro introduce il lettore alla conoscenza dei meccanismi profondi che regolano in generale la religione romana, cosí diversi da quelli cui duemila anni di monoteismo ci hanno abituato.

"Dammi la forma che vuoi", recita la statua di Vertumno all'inizio dell'elegia che Properzio gli ha dedicato, "sarò elegante".

Maurizio Bettini (1947), classicista e scrittore, insegna Filologia classica all'Università di Siena. Per Einaudi ha pubblicato i romanzi In fondo al cuore, Eccellenza (2001), Le coccinelle di Redún (2004), Con l'obbligo di Sanremo (2013), oltre a numerosi saggi, tra cui i celebri Il ritratto dell'amante (1992), Voci (2008), Vertere. Un'antropologia della traduzione nella cultura antica (2012) e il piú recente Il mito di Elena (2014) con Carlo Brillante. Collabora con la pagina culturale de «la Repubblica».