Confessa Selene, come del resto il titolo del suo libro subito rivela, che la poesia le si fa spesso racconto, consapevole che ogni narrazione è resoconto di un viaggio - si tratti di percorsi negli andirivieni della natura o nei labirinti dell'anima - alla cui conclusione ci pare di essere giunti nel cuore di una verità, di aver risolto un intricato enigma del nostro intimo o aver rivelato a noi stessi una faccia del mondo, o delle donne o degli uomini che ci era stata fin lì una cifra inesplicabile. Di queste rivelazioni l'autrice vuol darci il segreto, si tratti di una cima raggiunta, di un fiore raccolto, di un gorgoglio di fiume, come subito leggiamo nella poesia d'apertura, L'appartamento, o del dialogo con le betulle «alte snelle» o delle eclissi in cui «sole e luna / si litigano il mattino». Selene sente che in ogni momento del vivere «albeggia / un sentimento nuovo» (Sosta), si compie una rivelazione, si scopre la realtà di destini fraterni misurando il nostro tempo con quello di una foglia che muore (Foglia), si individua il principio di coerenza nell'onda che «si mischia alla riva / poi ritorna / all'origine di sé» (Onda). Avviene così che ogni accadimento rechi una scoperta, come la storia breve «di una foglia / che cambia colore» (Fra chioma e radici). C'è anche altro, naturalmente, nel bel libro di Selene, ma questa soprattutto mi pare la cifra, l'unanimismo, la fonda e totale consapevolezza della vita universale in cui tutto si tiene: la foglia caduta non muore e perciò Selene la riconsegna «al ciclo della terra» (Autunno) [Roberto Casalini].