"Sì, questo nome di 'storia' è stato una grande pensata e ha prodotto il grande effetto di svalutare il metodo ristretto degli antiquari che vedevano i fatti e gli oggetti soltanto l'uno dopo l'altro, senza preoccuparsi del loro legame". Con questa formula chiara e tagliente Quatremère de Quincy nel 1820 sintetizza l'insegnamento tratto dalla lezione metodologica degli scritti di Winckelmann, al quale attribuisce il merito di avere fondato un discorso storico sull'arte in grado di spazzare via le sterili successioni cronologiche e descrittive dell'erudizione antiquaria. Una struttura argomentativa di tipo 'storico', sviluppata in un discorso che si vuole unitario e organico, è tuttavia leggibile negli scritti di Quatremère già a partire dalle sue prime pubblicazioni. Ne sono un caso paradigmatico i tre volumi sull'architettura, pubblicati tra il 1788 e il 1825, dell'Encyclopédie méthodique, la grande impresa editoriale che chiude il secolo dei Lumi. Leggere la Méthodique, trascurata dalla gran parte della letteratura su Quatremère, significa tornare a quello che rappresenta il luogo della sistematizzazione del sapere di colui che diverrà il noto quanto contestato secrétaire perpétuel dell'Académie des Beaux-arts, per il quale l'Italia occupa fin da subito un ruolo centrale. Significa, inoltre, tornare a uno dei momenti fondativi per la 'storia' dell'architettura come forma di sapere in cerca della propria autonomia e delle proprie regole disciplinari. Più in generale, la ricerca ostinata e raffinata, da parte di Quatremère, della legittimità dell'architettura rappresenta un contributo tuttora esemplare nella riflessione sullo statuto della disciplina, sulla sua storia e sul loro reciproco rapporto.