Il libro riprende e sviluppa il nucleo di un approccio allo studio delle scritture promosso oltre trent'anni fa da un grande linguista italiano prematuramente scomparso, Giorgio Raimondo Cardona che lo aveva battezzato "antropologia della scrittura". Quella proposta, oggi, può assumere la forma di una "semiotica della scrittura" che allontanandosi dalle teorie tradizionali non incentra l'analisi soltanto sulle caratteristiche interne, formali dei singoli sistemi né sulla loro storia, spesso complessa e incerta. Al contrario l'indagine cerca di approfondire usi, funzioni, adattamenti che hanno sempre fatto di ogni scrittura e notazione lo strumento simbolico-ideologico privilegiato mediante il quale un gruppo, o un'intera cultura, agisce nel (e sul) mondo sociale producendo specifici prodotti testuali. Invece di domandarsi se le pittografie azteche sono scrittura, sostiene l'autore, occorre chiedersi quando una determinata configurazione grafica è percepita (interpretata, vissuta) come scrittura dai suoi fruitori o interpreti.