Inedite forme di offesa alla dignità umana sfidano la vita politica. Tutto ciò incide con forza sul vissuto quotidiano e riapre la discussione filosofica proprio sulla specificità della radice dell'umano. Gli esiti della ricerca scientifica e tecnologica e le trasformazioni politiche ed economiche in atto pongono inquietanti interrogativi. In questa prospettiva la cultura capitalistica tende a omologare potentemente la condizione dei corpi nel mondo globale e rischia di modificare la fisionomia delle generazioni a venire, proprio nella capacità di relazione e nella pensabilità di un'umanità depotenziata. Il testo discute possibili ragioni di alcune piaghe di questo depauperamento, come il radicarsi della tratta delle donne nelle democrazie occidentali, che denuncia il paradosso di un tragico abbassamento di umanità in larghe fasce della popolazione femminile, ridotte a beni fungibili. La necessità di sviluppare politiche sensibili alle questioni di genere e di adottare misure concrete per arginare la perdita del senso dell'umano e la sua diffusione nelle società democratiche si palesa anche dinanzi alle specifiche necessità delle donne detenute. L'emblematicità del caso siriano, infine, mostra come la coincidenza di politico e religioso possa agire da potente detonatore e azionare meccanismi di distruzione della fisionomia dell'umano e farlo in modo trasversale alle culture.