Notevole intervento politico e saliente prova letteraria del canonista, civilista e teologo felsineo Floriano Dolfo è la spavalda orazione che, su commissione del principe di Bologna Giovanni II Bentivoglio, il bizzarro personaggio pronunciò dal pulpito di San Domenico il 16 Ottobre 1502 per spronare, forte del cospicuo credito conferitogli dal triplice magistero accademico, gli abitanti del quartiere di Porta Procula alla resistenza armata alle truppe di Alessandro VI e di Cesare Borgia, in procinto di abbattersi sulla città emiliana, da oltre due secoli feudo apostolico, per assoggettarla e adergerla a capitale del costituendo ducato valentiniano. L'allocuzione, che una sincera carità del natio loco accende non meno dell'impavido zelo antiierocratico, riuscì talmente efficace e trascinante che autori di cronache municipali del tempo quali Filato dalla Tuata e il domenicano Leandro Alberi credettero opportuno raccomandarne il contenuto alle loro opere. L'insigne documento, per la prima volta pubblicato sul manoscritto autografo da Vincenzo Giusti nel 1900 in un opuscolo per nozze che scontava tutte le pecche di un filologismo disinvolto e velleitario, vede ora nuova luce in un'edizione critica corredata da un fitto apparato di annotazioni storiche e linguistiche.