Fino a pochi decenni fa l'emigrazione comportava la perdita del diritto di partecipare alle elezioni nel paese d'origine; oggi non è più così nella maggior parte delle democrazie liberali occidentali, Italia compresa. Questa tendenza è generalmente supportata da un orientamento dottrinale internazionale, che ritiene che l'estensione del suffragio ai cittadini non residenti nel territorio dello Stato sia espressione di una più piena realizzazione del principio di uguaglianza e di una concezione più matura della democrazia. Ma che cosa implica realmente, a livello giuridico, il diritto di voto legato alla residenza? Perché e in quali casi il voto di un cittadino residente all'estero vale di più di quello di un cittadino che esercita il proprio diritto elettorale in patria?