Un libro come una concrezione mineraria, che metabolizza e lascia scorgere le luci e le ombre artistiche, ontologicamente deputato a riprodurre significativamente la molteplicità di dimensioni e trasformazioni dell'universo del cineasta. Segnando un percorso che parte da Eschilo e dalla necessità di mettere in relazione il cinema di Refn con i concetti di necessità, violenza, colpa, vendetta e giustizia, viene rimarcato come proprio la violenza non è qualcosa di semplicemente agito o subito nell'universo analizzato, ma si palesa nella sua funzione di percorso, per il recupero di un equilibrio infranto e perduto, a cui la mitologia e il fato rendono il tono epico tragico, raccolto tra le "vertigini" del cinema di Refn. Sono quindi i personaggi ad essere i punti di forza e i depositari delle più vibranti attenzioni di un cineasta consapevole di vivere in un mondo in cui la violenza è istinto ma anche espressione, e la stessa forma d'arte si palesa, nell'universo filmico del regista danese, come "un atto di violenza," cioè come un fatto mai fine a sé stesso, ma calato e compreso in una dimensione espressiva sfaccettata che il libro analizza nelle sue ombre tragiche e nelle sue immagini illuminanti.