Ci fissano seducenti e annoiati dalle pagine di un rotocalco, si affacciano spettrali tra le pagine di cronaca e la politica estera, giganteggiano sui muri sventrati dei palazzi in ristrutturazione. Sono attraenti e surreali, inerti e violenti, cartacei e carnali. Sono i corpi delle pubblicità, presenze ubiquitarie martellanti, a volte inavvertibili e per questo pericolose, più spesso ossessive. In un paese in cui anche i biscotti a gli strofinacci da cucina vivono rapporti simbiotici con corpi nudi a seminudi, Maria Nadotti propone una galleria di immagini raccolte in anni di ricerche, le accosta, le osserva, le giustappone, le commenta. Accetta il ruolo morale della critica ma rifiuta ogni moralismo, respinge il politically correct, indica senza additare. Affida a una scrittura vivace e febbrile, comica e militante il ruolo del controcanto. Ricava l'affresco ironico e battagliero di un paese in tempo di crisi e guerra, percorso da pulsioni inconfessabili e sempre disposto a indignarsi e autoassolversi, pronto a relegare le donne nel ruolo di vittime sacrificali o in quello di dominatrici, ora dark lady e ora bambine. "Necrologhi" si nutre di questi corpi, vaga curioso in un paesaggio dove Eros e Tanathos si avviluppano senza sosta, in cui modelle dai tacchi a spillo si aggirano tra le macerie di un bombardamento e maschi efebici giacciono distesi, un po' odalische e un po' passioni di Cristo. Perché le pubblicità sono porose, assorbono ogni cosa, la filtrano per poi espellerla...