La "theoria" come spazio indispensabile per la vita politica dell'uomo: questa profonda intuizione, posta da Hannah Arendt a fondamento de "La vita della mente", viene sviluppata, nel presente volume, indagando sulla peculiare libertà che Aristotele associa all'esercizio della filosofia. L'attività teoretica del pensiero implica infatti, nello Stagirita, una "proairesis tou biou", una scelta di fondo, con la quale colui che pensa plasma la sua vita nel libero corrispondere alla propria natura di essere pensante. Se si investigano ulteriormente i fondamenti di questa forma aristotelica di libertà, si comprendono meglio le ragioni del legame essenziale tra volere, pensare e giudicare, che per Arendt costituiscono nel loro insieme la vita della mente, e si apprezza in tutto il suo spessore la forza ermeneutica dell'aristotelismo arendtiano. Si possono però allo stesso tempo valorizzare aspetti ancora attualissimi della concezione aristotelica anche al di là dei limiti che sembrano comunque dover restringere, nella riflessione arendtiana, il ruolo della teoria in conseguenza della centralità dell'azione. La scelta di assumere fino in fondo il pensare, ripresa nel contesto aristotelico del riferimento alla determinatezza di senso e dello stare al discorso e con altri, deve certamente affrontare un'intensificazione della dialettica paradossale e drammatica di necessità e libertà all'interno della vita umana, ma viene allo stesso tempo portata in un ambito capace di illuminare in modo insostituibile il nesso tra libertà e responsabilità che l'agire dell'uomo, e la sua vocazione politica, chiamano ineludibilmente in causa.