“È Blackheath che mi ha reso ciò che sono”.
Blackheath House è una enorme residenza aristocratica, circondata dalla foresta, che ha conosciuto tempi migliori. Gli ambienti sono fatiscenti, e il senso generale è di incuria e abbandono. Ma è lì che si ritrova riunito per una festa in maschera un gruppo di invitati, elegantissimi tra battute di caccia e tavole imbandite. Tutto è reso lugubre dalla circostanza: l’anniversario dell’omicidio del piccolo Thomas Hardcastle, figlio dei proprietari.
La Evelyn Hardcastle del titolo è sua sorella, delicata e riservata, che morirà proprio nel corso della serata. Non una. Sette volte.
E ogni volta alcuni tra gli invitati saranno immersi nel mistero dell’indagine. in un loop infinito, senza possibilità di una fine. Solo chi scoprirà l’assassino di Evelyn potrà lasciare il macabro gioco e abbandonare la tetra Blackheath.
“Quante volte abbiamo ripetuto tutto questo?” gli domando.
“Migliaia, ho il sospetto. Più di quante io sia in grado di contarne”.
“Allora perché continuo a fallire?”
Le sette morti di Evelyn Hardcastle è un giallo mai visto, e mai tentato prima. Perché, a complicare le cose, si moltiplicano i punti di vista. Il protagonista si incarna ogni giorno in un ospite diverso, e dal suo corpo indaga. Ogni giorno la stessa sceneggiatura, uguale e diversa, con balzi temporali che rendono la trama un labirinto claustrofobico che impedisce al lettore di distrarsi, e lo costringe a un’attenzione ossessiva a ogni dettaglio.
In questo gioco delle parti, che crea un guazzabuglio di identità, messaggi in codice, indizi dal passato, maggiordomi e alleanze, la trama si dipana in colpi di scena continui, che svelano tradimenti e segreti, dove niente è come sembra, tutto fa parte del grande enigma, e il giorno dopo sarà dimenticato.
A reggere le fila del gioco, che ha tutte le sembianze di una detenzione, o di una trappola diabolica, è un Medico della peste, misterioso e mascherato con tanto di mantello e becco.
“Sono state le nostre decisioni a condurci qui. Se questo è l’inferno, ce lo siamo costruito con le nostre mani”.
Un debutto che si è trasformato in caso editoriale, che rende contemporaneo e visionario il più classico intrigo all’Agatha Christie, mette nelle mani del lettore una mappa con dettaglio di camere, solario, biblioteca, e poi lo manda allo sbaraglio, a perdersi nei cunicoli di una trama ardita al punto da diventare un’allucinazione, un incubo che si ripete in eterno. E come accade nelle storie migliori, dichiara che uno solo si salverà. Cosi sembra.
“Mi sta dicendo che devo diventare un’altra persona per sfuggire a questo posto?”
Recensione di Francesca Cingoli