Seguendo l'esigenza di recuperare in chiave non dualista la nozione di anima nel cuore della cultura contemporanea, l'autrice si pone al di là sia del ritorno ad una visione spiritualista, che contrapponga anima e corporeità, sia della riduzione della vita interiore a un fatto esclusivamente neurologico. In questo senso l'accostamento di due autori come Martin Buber e Maria Zambrano risulta fecondo e motivato sia per il loro comune trascrivere filosoficamente la tradizione biblica, sia per la convergenza delle indicazioni salienti e delle risultanze della loro opera. Lungo tale itinerario l'anima si mostra come nucleo profondo del mistero dell'identità umana: non solo un luogo invisibile, ma un viaggio, il "chi" della libertà e della speranza, una soggettività "filiale" alla ricerca del Padre.