Nell'ultimo decennio la tecnologia informatica ha contribuito allo sviluppo di nuove forme di circolazione della ricchezza. Con essa muta la concezione "classica" di moneta, nella sua accezione di moneta scritturale, moneta elettronica, fino a giungere all'odierna espressione di "valuta virtuale", per indicare una moneta (privata), non emessa da una banca centrale né adottata da uno Stato, trasferibile solo elettronicamente. È il concetto di moneta, quale medio negli scambi commerciali, a mutare nel tempo in funzione delle innovazioni tecnologiche. Nonostante gli sforzi del legislatore eurounitario (anche con la recente proposta reg. 2020/0265/UE) e nazionale, in particolare, con la disciplina antiriciclaggio (art. 1, comma 2, lett. qq, d.lgs. 231/2007, e art. 1, n. 18, dir. 2015/849/UE) nulla si ricava sull'adempimento con valuta virtuale. Il presente lavoro intende, dunque, esaminare le nuove e delicate problematiche che la valuta virtuale solleva sul piano giuridico, sia per il suo impiego in quanto moneta, e quindi nei rapporti con la disciplina di diritto comune dell'obbligazione pecuniaria e con la disciplina sui servizi di pagamento, sia per l'utilizzo come oggetto di investimento, con evidenti implicazioni anche riguardo al principio costituzionale di tutela del risparmio.