Chiarire il ruolo del progetto tra architettura e città, reagire al progressivo declinare della sua responsabilità civile, avvalorarne il portato tecnico ed etico, portano a riflettere sui meccanismi di un agire progettuale che più che mai oggi dovrebbe alzare il tasso di struttura nel corpo formale, materiale e fisiologico della città come fenomeno di interesse pubblico. A partire da una riconsiderazione della risorsa spazio interna al corpo della città, per un'economia della trasformazione qualificante e in grado di fermare in modo radicale le inerzie dell'espansione e della dissoluzione urbana. Il libro apre ad una riflessione sulla disciplina architettonica, che non può non dirsi urbana, sviluppata da un gruppo di ricerca dell'Università di Parma attraverso un tracciato critico-metodologico alternativo alle retoriche oggi prevalenti. Quelle che vedrebbero la città come fenomeno identitario superato e quindi riducibile a vetrina di un'architettura autoreferente, orientata al funzionalismo cibernetico, al feticismo del design o al simulacro della sostenibilità, tra consumo e comunicazione all'interno di uno spazio insediativo indifferenziato salvo che per logiche speculative.