Con lo scoppio della guerra in Ucraina, il problema della dipendenza europea dal gas russo è diventato più evidente che mai. Già da tempo la Russia stava portando avanti manovre speculative sul prezzo del gas. La miopia dell'Unione Europea, sedotta dalla possibilità di ottenere energia a basso costo, ha aggravato la situazione. Prima c'è stato l'errore di liberalizzare i mercati dell'energia, poi, quando i combustibili fossili sono diventati un problema politico, il passo falso di spingere per la transizione ecologica senza coinvolgere i Paesi produttori di idrocarburi. Una miopia che ha messo a serio rischio gli equilibri geopolitici e ha, seppur indirettamente, preparato il terreno per la guerra in Ucraina. L'Eni ha un ruolo centrale in questa storia. Prima con l'avvicinamento al Cremlino negli anni di governo Berlusconi. Poi per aver lavorato, a braccetto con il governo Draghi e la Farnesina, per sganciare l'Italia dalle forniture russe e fare pressione in Europa sul prezzo del gas, mentre in parallelo incamerava extraprofitti. Qual è il ruolo del suo incontrastato leader Claudio Descalzi? Che relazione c'è tra gli extraprofitti e i misteriosi contratti di fornitura Gazprom? Ma soprattutto: come sarà il futuro? Si prospettano davvero razionamenti? Ci saranno nazionalizzazioni? C'è rischio di altre guerre? In una fase in cui Francia, Germania, Svizzera e Regno Unito nazionalizzano i loro colossi energetici, i sovranisti della destra italiana faranno altrettanto o il nostro Paese resterà in balia del mercato e di dinamiche fuori controllo?