Correva l'anno 1906, quando nella culla di bambù e foglie di banana, in un giorno assolato di giugno, fu deposta una piccola perla d'ebano già forte e determinata. Veste di Maria poteva essere l'unico nome da dare a quel fagottino, nato a Keren. Niente sembrava poter scalfire la sua felicità. Ma in un bruciante pomeriggio di luglio un uomo entrò in casa sua e ruppe per sempre il suo equilibrio. Tra i canti delle donne del villaggio che riecheggiavano dal cortile e i lunghi silenzi all'interno della piccola dimora che isolavano i pensieri come fosse ovatta, l'uomo ebbe un sussulto, fu catturato all'istante soltanto dallo sguardo vivo e penetrante di quel bambino: Kidanè. Secondogenito di sei figli, aveva solo otto anni quando arrivò in Italia, con in tasca la promessa di poter studiare e assicurarsi un futuro migliore. Tuttavia, era costume per i ricchi affaristi portare nel Bel Paese giovani eritrei alla loro mercede. In un andirivieni tra terra amica e terra natia, tra sogni insperati e radici spezzate, la perla d'ebano divenne adulto e cosciente di essere cittadino del mondo.