Ci sono storie e personaggi che sono stati spesso trascurati dalla memoria, e che sono in grado di raccontare in modo mirabile e appassionato chi siamo, e in che modo possiamo considerarci figli di un’identità nazionale che non è nata all’improvviso, ma si è costruita a fatica, con molte lotte e anche molto sangue.
Maria Oliverio è una ragazzina di dodici anni, figlia di un contadino e di una tessitrice: povera gente sulla Sila calabrese a metà del 1800. Vite come tanti, di miseria e zuppa di cavolo, servi dei capricci dei “cappelli”. Maria cresce con due grandi maestre: la prima è la natura, dentro la quale respira e impara la forza, quella della terra, di un nibbio, di un larice, di una lupa. Maria impara nelle oscurità del bosco e nella durezza della montagna una resistenza primitiva, che la definisce e che ne segnerà il percorso. Accanto a questa fonte primordiale, ci sono i libri: Maria legge, è intelligente, assetata di parole. La sua insegnante coglie in lei la scintilla, e le regala libri di nascosto. Lì dentro Maria scopre un potere immenso, quello dei sogni.
Il mondo selvaggio e quello delle parole fanno sì che Maria si trasformi in Ciccilla, alimentando una fiammella che nessuno potrà spegnere, e che la renderà invincibile, un personaggio che nel periodo immediatamente successivo all’Unità d’Italia è stato sulla bocca di tutti. Maria “Ciccilla” è stato la prima brigantessa italiana, una donna che ha combattuto con la sua banda quella che a tutti gli effetti è stata una guerra civile. Perché fatta l’Italia, passata la sbornia garibaldina, tutto si è ritrovato uguale a prima dell’arrivo del Liberatore, come se niente fosse accaduto, poveri sempre poveri, e ricchi sempre più ricchi.
“Era dalla terra, però, che forse incredibilmente qualcosa stava iniziando a muoversi, e questa volta da solo. In molti paesi in tutto il Sud, i contadini si erano organizzati e avevano impugnato le falci, le roncole e i forconi.”
Briganti contro bersaglieri e cacciatori delle alpi: la rabbia sociale che scoppia di fronte alle ineguaglianze, e al tradimento degli ideali della liberazione, ha avuto tra i suoi protagonisti più agguerriti una ragazzina che ha combattuto contro le ingiustizie, e insieme anche per la sua libertà.
Restituendo alla memoria le gesta di Ciccilla, Giuseppe Catozzella racconta una storia doppia di liberazione e rivoluzione, portando l’attenzione sulla guerra civile, attraverso uno straordinario racconto corale di come è nato il nostro paese.
Insieme alla costruzione di una nazione, di una consapevolezza sociale e culturale di un popolo, c’è la storia di una ragazza che rivendica il diritto di essere se stessa. Maria lotta per non diventare come sua madre, una serva destinata a una vita di costrizione: Maria sogna la libertà di poter diventare chi vuole, accarezza l’idea di un riscatto che è la dignità di non piegarsi davanti ai “cappelli”.
E si concede anche il sogno dell’amore, un sogno che ai poveri è negato.
“L'amore per noi è qualcosa a cui dai voce solo quando sei in pericolo, perché in tempi normali non c'è.”
Accanto al carbonaio Pietro Monaco, focoso e appassionato, ex garibaldino e combattente, Ciccilla gira armata tra i boschi, vive nelle grotte, pianifica attacchi alle case dei ricchi, depreda, rapisce e incassa riscatti, mette da parte un tesoro, che poi distribuisce ai poveri dei paesi circostanti. La sua storia è piena di sangue e nefandezze, e diventa una leggenda, non solo nella Sila, in tutta Italia. La fama di Ciccilla che ruba ai ricchi per dare ai poveri varca le frontiere. Alexandre Dumas rimane affascinato dalle sue gesta e dal suo coraggio a cui dedica tanti articoli sul giornale Indipendente, con cui la rende famosa; in quegli stessi anni lo scrittore francese mette sulla carta la storia del suo eroe più popolare, Robin Hood.
“Il 17 marzo è nata l'Italia e presto tutti si sono resi conto che quella che sembrava una rivoluzione non era che una messinscena.”
Italiana è un romanzo che comunica vita, tensione, e passione. La capacità di far coincidere le due storie, la lotta personale e quella sociale, lo rende epico e lirico insieme, facendo pulsare di verità la rappresentazione di un periodo storico complesso, contradditorio e memorabile, che Catozzella documenta senza mai perdere l’ardore della narrazione.
Con un racconto coraggiosamente condotto in prima persona, Catozzella trasforma la materia storica, frutto di una ricerca di documentazione d’archivio immensa, in narrazione, restituendoci una nuova epica nazionale e raccontando un Ottocento italiano dalla parte dei più poveri.
Il personaggio di Maria Oliverio viene riportato alla luce che merita, e con lei tutti gli uomini e le donne che hanno lottato per far sentire le istanze di un popolo, per sanare fratture (ancora) troppo profonde, e che hanno scelto prima di altri di voler essere italiani.
Recensione di Francesca C.