L'autore è rimasto colpito dalla disinvoltura con cui Jeremy Rifkin costruisce la sua fantasiosa "Terza rivoluzione industriale" coinvolgendo personalità della politica a livello mondiale e locale, ed anche dell'associazionismo verde e dell'editoria, che accolgono acriticamente un progetto irrealizzabile nelle premesse. Molte sono le incongruenze osservate nell'opera di Rifkin e puntualmente sviscerate fino nei dettagli per non lasciare dubbi nel lettore. Fra queste la possibilità, economicamente irrealizzabile, di un'economia all'idrogeno che Rifkin pensa addirittura di introdurre fra le mura domestiche, e del suo impatto sul clima e sul buco dell'ozono essendo lo ione idrogeno, in assoluto, il più pericoloso agente di questo fenomeno che renderebbe impossibile la vita sulla terra. L'economia all'idrogeno è una eventualità facile da prevedere cui l'ignoranza premeditata dei sostenitori del Rifkin pensiero, da Prodi a Vendola e a Pecoraro Scanio, non ha riservato alcun ragionevole dubbio. L'autore impietosamente mette in luce quanto il tempo non è stato benevolo con Rifkin e, fortunatamente, l'Europa, per ragioni di forza maggiore, non ha finora dato corso ai piani faraonici proposti. Rimane il problema del tempo perduto e ancora oggi si perde a rincorrere le farfalle sui prati verdi di pannelli e di svettanti torri eoliche su cui gli uccelli non osano posarsi.