«L'haiku fa sillogismo inverso, non dimostra ma sovverte ogni premessa: in contemplazione purissima, in assenso pieno che non esercita giudizio, è l'inezia che fa aneddoto d'infinito, come in un frattale. Tre versi, cenno armonico in maggiore o in minore, vibrante d'illesa gioia o gemente sommessa malinconia. Sorgente lirica che vibra su una terna di corde, pur insistendo nella propria esilità, e che volutamente incespica in una cesura inattesa, sincopa il pensiero in evangelico capovolgimento. È proprio qui, nel paradosso, che risiede la matrice franta, la via scontrosa che scava, in un reale opacizzato da mortifere profusioni, un varco possibile a nuove essenze sottili, significanti. È il silenzio il cerchio di stupore nel quale s'intaglia ogni dono col suo enigma: lacerti di bellezza inaccessibile, sghembi accenni a territori elevati, tesi al sopramondo. Il purismo formale è una piccola cella monastica, in cui indossare una veste lirica che sia pudica, claustrale; a dire con intensità solo il rilevante, l'alato. Nella raccolta "Il pettirosso rosso" Franca Alaimo, Andrea Castrovinci Zenna, Daìta Martinez e Pietro Romano si misurano in questa prova con timbri e cromatismi peculiari» (dalla prefazione di Isabella Bignozzi).