La rivista Script, fondata nel 1992, è nata da un gruppo di sceneggiatori con l'ambizione di innovare e modernizzare il cinema italiano. Un cinema autoriale, all'epoca ancora immerso nelle acque della Nouvelle Vague, quell'Onda su cui avevano surfato i ragazzi degli anni Sessanta e che nel nostro paese - purtroppo - dopo trent'anni si era trasformata in una palude. Paradossalmente, da noi, a innovare una concezione di cinema sotto molti aspetti desueta, non sono stati la critica, l'accademia, le università. Al contrario, è stato l'avvento di un nuovo formato, la lunga serialità, a farsi promotore di uno straordinario cambiamento. Dopo quasi cent'anni di incontrastato dominio del formato cinema, la narrazione seriale ha capovolto la gerarchia interna all'espressione audiovisiva, un ribaltamento tanto spontaneo quanto necessario per tener testa a un nuovo modello tecnologico e produttivo. Si è così attuata quella rivoluzione copernicana - auspicata da Script sin dal suo primo numero - che mette al centro dell'universo cinematografico il racconto, la drammaturgia, la sceneggiatura, laddove messa in scena, fotografia, musiche, regia, si collocano al servizio della storia, non viceversa. Un percorso virtuoso, di cui si è già parlato lungamente sia in un articolo pubblicato nel primo volume, La rivoluzione dello showrunner, sia nell'editoriale La serialità degli americani e la nostra. Riflessioni, quelle, che introducono le significative interviste fatte ai protagonisti delle grandi serie, di cui principalmente si occupa questo terzo volume. Le interviste sono state divise in tre macro aree - la prima dedicata all'Italia -, e coinvolgono non solo i creatori, ma anche registi e produttori di questo nuovo formato. Due blocchi speciali sono riservati a I Soprano e a Lost, i titoli che forse hanno innovato di più il linguaggio cinematografico e portato la qualità seriale a quei livelli che nel 2014 hanno spinto Bernardo Bertolucci ad affermare: «Trovo nella fiction quello che non vedo più al cinema. I bei film in questo momento per me sono dentro le serie». Prefazione di Damiano Garofalo.