C'era una volta un re, c'era una regina che si congiunse con un toro bianco, c'era un mostro con sembianza di uomo e di toro, ma soprattutto c'era una volta un labirinto che era disteso in un'isola in mezzo al nostro mare. Le vicende sono inquietanti, come in tutte le famiglie, ma a noi interessano solo gli stratagemmi che vennero ideati dai malcapitati per evadere dal labirinto. Un tale, Teseo, recuperò l'unico varco grazie a un gomitolo, un filo di lana, che aveva ricevuto da Arianna. Invece il costruttore del labirinto, che non a caso si chiamava Dedalo, appiccicò delle piume con la cera e volò via in compagnia del figlio, Icaro, della cui imprudenza con il volante sarebbe d'uopo facessimo tesoro. Teseo a tutt'oggi è all'oscuro delle curvature della trappola mentre Dedalo, spiccato il volo, girò lo sguardo di sotto e in un batter d'occhio, senza lambiccarsi nei conteggi da ingegnere, riconobbe il groviglio. Chiunque maneggi un diario della filosofia, quintessenza di sapienze che affiora nella scuola di Atene e degrada fino alle odierne periferie, si accorge di essere capitato in un labirinto. Chi si contenti di sopravvivere rinnoverà la trovata del filo, filerà via così com'era entrato, ma qualche curioso si impegnerà per cogliere uno scorcio dall'alto.