Le testimonianze raccolte dagli archeologi in più di un secolo di ricerche sulla Preistoria sembrano concordare su un fatto: a quanto pare, l'umanità è riuscita a prevenire per millenni sia la comparsa di modelli sociali caratterizzati da gerarchie rigide e permanenti, sia il consolidamento di formule politiche assimilabili a un'organizzazione di tipo statale. Le teorie di ispirazione evoluzionistica hanno spesso ricondotto questa circostanza al carattere "semplice" delle società preistoriche. Sarebbe stato lo sviluppo della complessità sociale - economie di produzione, urbanismo, istituzioni impersonali e centralizzate - a cambiare in modo irreversibile le carte in tavola, innescando la transizione da un egalitarismo originario a società strutturate in senso più gerarchico. Nell'affrontare il problema dell'organizzazione sociale preistorica l'autore si è concentrato in particolare sull'apparente flessibilità dei modelli economici e politici che la contraddistinguevano, sul rapporto strutturale che lega la nostra specie alla propria nicchia culturale e sulla relazione tra comportamento rituale, costruzione dell'identità e sfera politica, confrontandosi con le prospettive sviluppate negli ultimi decenni da archeologi, antropologi, filosofi e studiosi dei fenomeni religiosi come Ian Hodder, Marilyn Strathern, David Graeber, Maurice Bloch, Tim Ingold, René Girard, Georges Bataille, Ian Kuijt, Trevor Watkins, Melinda Zeder, James C. Scott, Norman Yoffee, Paul Pettitt e molti altri.