Le interviste riportate nel volume, realizzate per la rivista Filmcritica e dedicate ad alcuni tra i maggiori autori cinematografici di sempre, non costituiscono soltanto una mappa dei concetti legati al film e relativi alla feconda temperie culturale dei primi anni Settanta, ma anche una sorta di manuale di pensiero cinematografico cui poter attingere nel presente. Ci troviamo, difatti, al cospetto di una vera e propria rivoluzione del mondo audiovisuale, rappresentata dal digitale e i materiali presenti in questo libro costituiscono un riferimento importante per tutti coloro che si avvicinano alla produzione di immagini, oltre che un documento prezioso su una delle pagine essenziali della storia del cinema moderno. Negli anni Sessanta e Settanta, come nei decenni precedenti, con le dovute distinzioni, fare cinema significava pensare e vivere la propria vita in modo interrogativo, suscitando concetti, interpretando fatti, scegliendo il luogo e la distanza dal soggetto di un'inquadratura quale atto etico, individuale e di assoluta serietà. Inoltre, come si evince dalla Conversazione con Jean-Marie Straub, "È lo stesso lavoro che fanno i poeti. Prendono una lingua che in molti casi è diventata rigida, è diventata un sistema, un'abitudine, dunque una lingua morta e, d'un colpo, cercano di fare delle cose che non erano state fatte o che si era dimenticato di fare da molto tempo."