Abbiamo tutti una collezione di oggetti che ci hanno visto crescere - foto, biglietti, vestiti, souvenir ammucchiati in una scatola, stipati in un cassetto, dimenticati in un armadio - e come noi anche Jarvis Cocker, autore di canzoni indimenticabili, star del Brit Pop e accumulatore seriale reo confesso. In "Good pop, bad pop" Cocker affronta - letteralmente - il buio della propria soffitta e la stravagante accozzaglia di oggetti che la ingombrano: testimoniano i suoi anni di formazione come musicista, il funzionamento del suo processo creativo, gli esordi dei Pulp, ma anche la terra e i tempi che lo hanno visto crescere, le decadenti periferie urbane dell'Inghilterra del Nord all'epoca della Thatcher. Un vero e proprio tesoro da scandagliare con affetto ma anche con tanta, tanta ironia. Tra le pagine di questo "inventario", Cocker cataloga reperti e invita a giocare a keep or cob, tenere o buttare. Da una camicia Gold Star in policotone a un pacchetto di Wrigley's Extra, dalla collezione di astronauti in plastica e occhiali rotti ai tentativi adolescenziali di scrivere canzoni, queste madeleine scovate nella spazzatura si trasformano in lenti d'ingrandimento e mettono a fuoco l'eccezionale vita di Jarvis Cocker, dei Pulp e della cultura pop del secolo scorso (nel bene e nel male, come sottolinea il titolo del volume). Da questi apparenti rottami di una vita Cocker trae storie a volte toccanti, a volte spassose, e tra foto, ritagli e giochi di grafica, offre al lettore un libro che è anche un oggetto pop, un lavoro sopraffino di graphic design, un bellissimo esempio di Pop Art. Perché in fondo questa non è una storia di vita. È la storia di una soffitta.