Questo libro parla di fotografia e di femminismo, e di come già a partire dalla seconda metà dell'Ottocento le immagini fotografiche contenute dentro ad album, scrapbook e diari, siano servite a sperimentare pratiche di resistenza agli stereotipi e ai pregiudizi di genere. Dagli scrapbook realizzati dalle aristocratiche vittoriane agli album di famiglia di Clementina Hawarden, dai montaggi fotografici del Sammelalbum di Hannah Höch fino ad Aveux non avenus, il diario di immagini e parole progettato nel 1930 da Claude Cahun e Marcel Moore, queste pratiche hanno tracciato le tappe di un percorso che racconta una delle tante facce della fotografia. E cioè l'essere stata un veicolo privilegiato per raccogliere esigenze di tipo autobiografico e di narrazione esistenziale, delineando una poetica condivisa idealmente sia da donne che vissero la marginalità del loro ruolo sociale e culturale sia da chi non si riconosceva nella eteronormatività al potere. Comune fu la consapevolezza di come la fotografia fosse un oggetto identitario e rivoluzionario, ideale per raccontare la ribellione e liberare gli immaginari, da consegnare alle artiste delle generazioni successive. E per suggerire che altre prospettive erano, e sono, possibili.