Piove sempre nella Milano di Follia Maggiore. Piove sulla malavita, e sui suoi crimini di sempre, piove sulla nuova povertà della borghesia che prima stava bene e adesso cade, fragile e ingenua, nella rete dei prestiti, piove sulle serate che "da bere" non hanno più nulla, e propongono solitudini, tv spazzatura e volgarità. Ma ci sono Rossini e Puccini, imprevedibilmente, nella nuova storia di Carlo Monterossi. Il suo Bob Dylan c'è sempre, compagno fedele di serate e viaggi in macchina, versi che parlano al cuore, ma c'è anche la scoperta di un mondo diverso, fatto di lirica, suite di albergo, abiti eleganti per sognare, feste dell'alta società, palcoscenici internazionali. Opera di un ricco e anziano uomo, bastone col pomello, abitudini raffinate, la passione per i classici francesi, e un animo carico di rimpianti con cui fare i conti. Nel suo passato c'è Giulia, un amore travolgente e clandestino, un'intimità assoluta, una condivisione di animi. Nel suo presente c'è Sonia, giovane promessa della lirica, figlia di Giulia e speranza di un riscatto delle emozioni e dei ricordi, un debito da pagare con il suo cuore. C'è il mistero, in questa Milano malconcia e piovosa, perché Giulia è stata ammazzata, e Carlo Monterossi si trova coinvolto, suo malgrado, con l'immancabile Oscar Falcone. Una coppia improbabile la loro, che regala al lettore molti sorrisi e si divide tra i bar di periferia, i luoghi della delinquenza, sempre più vicini, e la Milano del lusso, dove un paninetto costa 32 euro. Inzuppati di pioggia ci sono i sovrintendenti di polizia Tarcisio Ghezzi e Carella, duri per necessità, animi puri e appassionati di giustizia. Bellissimi personaggi raccontati con tanta ironia, come Katrina che si prende cura di Monterossi riempiendo il frigorifero di cose buone e dispensando consigli e parole di fede. Follia maggiore è un thriller perfetto, perché Alessandro Robecchi è proprio bravo, ha creato caratteri straordinari, sa mescolare il brivido e la tensione con l'ironia e la simpatia dei dialoghi, lasciando sempre costante quel sottofondo malinconico che è fatto dalla consapevolezza del ricordo e della nostalgia di ciò che è stato, e dalla sofferenza dell'ossessione. Sulle note rossiniane "non si dà follia maggiore dell'amare un solo oggetto, noia arreca e non diletto".
Recensione di Francesca Cingoli