«L'arte, come tutti gli universi creativi, si porta dietro un tono semiserio e smitizzante e nella commedia si recita a soggetto, improvvisando su un canovaccio». Con questo spirito - che ha animato tutta la sua vita e l'attività di critico, docente, curatore - Luca Beatrice ha scritto le riflessioni qui dedicate al contemporaneo. Curioso e appassionato, mai accomodante e sempre stimolante, si interroga sul destino dell'arte nell'era degli influencer e degli «artivisti», dove sembrano prevalere l'appiattimento su alcuni temi alla moda e la rincorsa dell'ultima causa umanitaria, mentre si rinuncia a realizzare opere epocali capaci di entrare in pianta stabile nel nostro patrimonio culturale. Ricostruisce le nuove geografie del politicamente corretto, rievoca le mostre storiche che hanno rivoluzionato il sistema e la tendenza recente dei curatori a scegliere chi meglio aderisce a un teorema, a discapito della qualità. L'autore mette in luce le trasformazioni dei musei in un mondo abituato a vedere l'arte sui social, e l'affermarsi della Street Art e dell'arte pubblica, che spesso, oltre le buone intenzioni della riqualificazione, si rivelano pura demagogia. Analizza il declino della contestazione, che prima l'arte veicolava e da cui ora viene presa di mira, vittima delle incursioni di attivisti e oppositori. Punta il dito contro censure preventive e cancel culture, individuando nel nostro paese anticorpi che permettono di fare i conti con il passato senza considerarlo un peso. Assieme a uno specchio dei tempi, ci consegna un'importante eredità, legata all'idea «che l'arte debba produrre più manufatti che teoremi, all'immagine dell'artista commediante che osserva la realtà, la studia, la trasfigura».