«Magari non è così, forse fanno bene loro. Chi sono io per giudicare i dolori atroci che nascondono in casa? Però, al contrario loro, io non so fingere il distacco. Non sono in armonia con me stessa, né con gli eventi in corso. Eppure, da bambina, mi dicevano che ero una brava attrice». Questa raccolta di racconti non appartiene totalmente al giallo benché esprima forti suggestioni noir, pulp e thriller. Possiamo paragonarla a un "lettore di codice a sbarre" che cerca di decifrare, racconto per racconto, le storie incredibilmente diverse della prigionia, della cattività in cui, in un modo o nell'altro, ogni essere umano finisce col cadere, per un periodo o per sempre. Non si vuole condurre il lettore in un girone infernale né portarlo a ragionare "Dei delitti e delle pene". Il carcere è un non luogo: cella, corpo o mente, che la catena sia corta o lunga come nel testo poetico della Szymborska, è un "essere o non essere". Tante sono le sbarre uno è il senso di solitudine: ferro o ossa, ferro e ossa. "Codice a sbarre" è l'esordio letterario di Giulia Tubili.