L'inverno demografico italiano è sempre più rigido: nel 2022 le nascite sono scese per la prima volta sotto la soglia di 400.000 unità (392.598) e i decessi sono stati molto più numerosi (713.495). I movimenti migratori con l'estero presentano un saldo positivo (228.816 persone), ma non sufficiente per impedire il calo della popolazione. Dal 2014 al 2022 le persone residenti nel nostro Paese sono diminuite di quasi un milione e mezzo e ci sono sempre meno giovani e sempre più anziani. Quali saranno le conseguenze di medio e lungo periodo di queste tendenze sfavorevoli, che già oggi si stanno manifestando? L'Istat nelle sue previsioni 2021-2070 prefigura una forte contrazione della popolazione: al 1° gennaio 2070 le persone residenti nel nostro Paese potrebbero infatti ammontare a circa 47,7 milioni (oltre 11,5 milioni in meno rispetto al 2021, pari a -19,4%). Proseguirebbe il calo della popolazione giovanile e aumenterebbero ancora le persone più longeve, in età superiore a 79 anni. L'elemento più rilevante e inedito sarebbe però il crollo della popolazione in età lavorativa: le donne e gli uomini tra 15 e 64 anni scenderebbero infatti da 37,7 a meno di 26 milioni, con un calo di oltre 11,7 milioni (-31,2%). Quasi una persona su tre potenzialmente attiva potrebbe scomparire dal mercato del lavoro, con conseguenze sociali ed economiche di grande intensità e durata. Questo studio approfondisce il fenomeno della riduzione della popolazione in età lavorativa confrontando le tendenze dell'Emilia-Romagna con quelle italiane e delle altre regioni sia nei decenni passati sia nei prossimi cinquant'anni. Con riferimento al periodo 2021-2031 si analizzano i dati delle previsioni di popolazione relativi alle nove province emiliane e romagnole; per la città metropolitana di Bologna si procede inoltre ad esaminare lo scenario previsivo per il comune capoluogo e per altri sei comuni di dimensione superiore a 20.000 abitanti.